È il 12 Aprile del 1980, quando Terry Fox inizia la sua incredibile sfida: correre per tutto il Canada in orizzontale, dall’Atlantico al Pacifico.
Ma c’è di più. Il ventiduenne Terry Fox corre con una gamba artificiale, visto che gli hanno amputato la gamba destra a soli 19 anni per salvarlo da un osteosarcoma, tumore maligno che tende a espandersi dalle ginocchia a muscoli e tendini con frequenti metastasi polmonari.
Gli hanno impiantato una protesi e, dopo l’intervento, ha sopportato una chemioterapia di 16 mesi.
Terry prima di operarsi era un atleta polivalente e sognava di insegnare educazione fisica, ma il tumore non piega il suo amore per lo sport.
Ancora sotto cura, Terry ha giocato a basket nella nazionale per atleti carrozzina, diventando 3 volte campione canadese.
Ma non gli basta e allora inizia a correre per abituarsi alla sua protesi. Scopre di sentire dolore, ma solo per 20 minuti, poi si attenua.
Dopo mesi Fox prova la sua prima maratona: finisce ultimo, a dieci minuti di distacco dal penultimo classificato, eppure viene accolto con commozione ed entusiasmo dal pubblico a fine gara.
A questo punto, svela che ha un altro piano in testa e che quella maratona, in realtà, è stato solo un banco di prova.
“Voglio tentare l’impossibile, per dimostrare che può essere fatto”.
Tre anni dopo l’amputazione, nel 1980, il ventiduenne Terry Fox lancia una sfida pazzesca che è anche una clamorosa campagna di sensibilizzazione per la ricerca contro il cancro: attraversare il Canada correndo ogni giorno per 42 chilometri, la lunghezza di una maratona.
Nel frattempo Fox intende raccogliere fondi per la ricerca contro il cancro: un dollaro per ogni canadese. In pratica 22 milioni di dollari.
La chiama la Maratona della Speranza.
“Non è facile, e non è detto che ce la faccia, ma io devo concludere qualcosa. Abbiamo bisogno del vostro aiuto. I malati nelle cliniche hanno bisogno di persone che credono nei miracoli. Non sono un sognatore e non dico che questa cosa darà inizio a una risposta definitiva o a una cura per il cancro. Ma io credo nei miracoli. Devo crederci”.
Ed eccoci al 12 Aprile 1980, quando – con solo un amico a sostenerlo alla guida di un furgone e un itinerario tracciato sulla cartina – Terry Fox parte da Saint John’s, sull’isola di Terranova, riempiendo due bottiglie con acqua dell’Oceano Atlantico. Una sarà il personale souvenir di Terry, l’altra la svuoterà nell’Oceano Pacifico.
Ma l’inizio è subito in salita. Nonostante sia aprile Terry affronta il freddo e la neve. Raccoglie pochi fondi e suscita poco interesse, spesso incontra difficoltà logistiche e linguistiche, visto che non parla francese, la lingua più diffusa nella zona da cui si è mosso. Rischia persino di essere investito dalle macchine sul tragitto, tanto che teme di dover abbandonare. Qualcuno lo accusa di cercare solo visibilità.
“Pensano che io lo faccia per un motivo egocentrico. Invece no. È una sfida personale, ma io sto cercando di raccogliere fondi per la causa. Mi serve il loro supporto economico. La mia fama personale non è l’idea della corsa, non lo è stata dall’inizio. L’idea è la Maratona della Speranza”.
Terry insiste e, giorno dopo giorno, mentre corre 42 chilometri con il sole e la pioggia e il vento, costante come il suo passo cresce anche l’attenzione sull’impresa.
Il fondatore della catena Four Seasons Isadore Sharp ha un ruolo decisivo in questa storia.
Isadore ha perso un figlio per cancro e viene così colpito dall’impresa folle di Terry che decide di aiutarlo. Sharp offre ospitalità gratuita nei suoi alberghi per tutto il tragitto, dona 10.000 dollari e invita altri 999 uomini d’affari a donare anche loro, dando il via al domino che porterà l’impresa di Fox ad aumentare esponenzialmente la visibilità in tutto il paese, insieme ai fondi raccolti.
Le strade si affollano, la gente lo aspetta, lo incita, corre al suo fianco, la polizia lo scorta per proteggerne la sicurezza.
Terry si ferma e devia dal tracciato per tenere ripetuti discorsi che spingano i canadesi a donare per la ricerca. Da un piccolo paese di 8.000 anime che dona 14.000 dollari, a un camioncino che vende banane e gli devolve un giorno di lavoro, a un mendicante che suona per strada e dona tutto quello che ha: la sua chitarra. Ogni persona sulla strada aiuta Fox come può.
L’11 Luglio Terry Fox, che in Aprile era partito correndo da solo su strade vuote entra a Toronto atteso da una folla di 100.000 persone.
Terry corre ogni giorno, senza una pausa, nemmeno quando compie gli anni. Corre per 143 incredibili giorni portando al limite il suo corpo. Soffre di infiammazioni alla tibia e al ginocchio e di una tendinite alla caviglia per cui assume antidolorifici, ha delle cisti alla gamba amputata, ha momenti di vertigine. Non svolge check-up regolari e ignora gli avvertimenti che gli dicono che sta rischiando la sua futura salute.
Terry, che viene da una vita di sport, confida nella sua prodigiosa capacità di recupero, ma il 1 Settembre, a Thunder Bay, manifesta forti dolori al petto. Si ferma, poi riprende a correre incitato dalla folla. Ma, una volta solo, si arrende.
Sale sul furgone e si fa portare in ospedale.
Il giorno dopo, piangendo, Terry Fox annuncia: “Il tumore è ricomparso ai polmoni e dobbiamo andare a casa”.
La Maratona della Speranza è finita dopo 5.373 chilometri.
“La gente sulla strada mi diceva vai avanti Terry, non mollare, ce la puoi fare, siamo con te. C’era una telecamera che mi filmava. Ma io avevo la sensazione che stesse filmando il mio ultimo miglio. Se c’è un solo modo per tornare a correrla, io la finirò”.
Quando smette di correre a Thunder Bay, Terry Fox ha raccolto 1 milione e 700 mila dollari.
La sua nazione, nel Settembre del 1980, gli conferisce il titolo di “Companion of the Order of Canada”, il massimo onore civile del paese. Terry è il più giovane della storia a riceverlo.
Terry non può più correre, ma la sua raccolta continua.
Isadore Sharp gli manda un telegramma che recita: “Tu hai cominciato. Noi non ci fermeremo fino a quando non sarà trovata una cura per il cancro”.
Grazie a eventi organizzati in TV e altre campagne a lui dedicate, nell’Aprile del 1981, il sogno di Terry Fox diventa realtà: un dollaro per ogni abitante del Canada è stato raccolto, superando i 23 milioni di dollari.
Nonostante molteplici chemioterapie, le condizioni di Terry continuano a peggiorare.
Il 28 Giugno 1981 Terry Fox cade in coma e muore per l’espandersi della sua malattia.
Il Canada intero piange la scomparsa di un eroe, le bandiere della nazione sventolano a mezz’asta, onore tributato ai capi di stato.
Il premier Trudeau, padre dell’attuale primo ministro canadese, saluta Terry Fox con queste parole.
“Accade molto di raro, nella vita di una nazione, che lo spirito coraggioso di una singola persona unisca tutto il popolo nella celebrazione della sua vita e nel lutto della sua morte. Non pensiamo a Terry come a qualcuno sconfitto dalla sfortuna, ma come qualcuno che ci ha ispirato con l’esempio del trionfo della spirito umano sulle avversità”.
Trudeau ha ragione: la storia di Terry non finisce con la sua morte.
Il Canada gli intitola vie, scuole, monumenti, tratte ferroviarie. Terry Fox dà il nome a una nave rompighiaccio, a una moneta, a una montagna.
A lui è intitolata la Terry Fox Run creata dallo stesso Isadore Sharp, gara non competitiva annuale per raccogliere fondi divenuta il più grande evento singolo di raccolta fondi nel mondo. Alla partenza della prima Terry Fox si presentano 300.000 persone.
E, soprattutto, dalla battaglia di Terry nascono la Terry Fox Foundation che si occupa non solo di organizzare la corsa, ma di coordinare una lunga serie di attività di raccolta fondi per la ricerca e il Terry Fox Laboratory, al cui servizio vi sono oggi 14 scienziati e relativi staff attivi nella ricerca biologica.
Si calcola che, dall’inizio della Maratona della Speranza a oggi, nel nome di Terry Fox siano stati raccolti 650 milioni di dollari per la lotta contro il cancro.
Come dirà Isadore Sharp, parlando di questo incredibile uomo: “Terry non ha perso la sua battaglia. Forse ha concluso quello che doveva fare. Terry è stato come una meteora che passa nel cielo, la cui luce viaggia al di là della nostra vista. Una luce che ancora brilla, nella notte più buia”.